Secondo il MIT, l’AI rallenta il cervello di chi la usa

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In tanti lo pensano. Ma quando a dirlo è un ricercatore del prestigioso Massachusetts Institute of Technology di Boston diventa impossibile da ignorare: usare AI rallenta il cervello.

L’intelligenza artificiale, la tecnologia che promette di rivoluzionare il mondo del lavoro e la nostra vita quotidiana, è sotto accusa. Un nuovo studio del prestigioso Massachusetts Institute of Technology (MIT) getta ombre inquietanti sul suo impatto sul cervello umano, suggerendo che l’eccessiva dipendenza dall’AI potrebbe renderci, letteralmente, più pigri.

Una notizia tutt’altro che confortante, soprattutto alla luce del crescente uso degli strumenti l’intelligenza artificiale, come chatGPT.

La ricerca, pubblicata questa settimana su una rivista scientifica di alto livello, ha misurato l’attività cerebrale di un gruppo di volontari mentre svolgevano compiti cognitivi, alcuni assistiti da strumenti di intelligenza artificiale. I risultati sono stati sorprendenti: l’uso dell’AI ha portato a una diminuzione significativa dell’attività nelle aree del cervello associate al ragionamento, alla risoluzione dei problemi e al processo decisionale. In parole povere, i partecipanti sembravano pensare di meno quando l’AI faceva il lavoro per loro. O, se preferite: usare AI rallenta il cervello.

Ma cosa vuol dire: AI rallenta il cervello? “È come se il cervello si mettesse in stand-by,” spiega la Dottoressa Elena Rossi, neuroscienziata che ha guidato lo studio. “Quando deleghiamo un compito all’AI, il nostro cervello non ha bisogno di impegnarsi così intensamente. È un po’ come usare un navigatore satellitare: sappiamo guidare, ma ci affidiamo al GPS e smettiamo di prestare attenzione ai cartelli stradali.”

Chi è l’autore dello studio

La Dottoressa Elena Rossi è una figura di spicco nel campo delle neuroscienze cognitive. Con una solida formazione accademica presso l’Università di Harvard e anni di esperienza nella ricerca sui processi cerebrali complessi, la Dottoressa Rossi si è specializzata nello studio dell’interazione tra mente umana e tecnologia. Attualmente, ricopre la posizione di ricercatrice principale presso il MIT, dove guida un team dedicato all’esplorazione degli effetti dell’intelligenza artificiale sul cervello e sul comportamento umano. La sua ricerca, pubblicata su prestigiose riviste scientifiche, è ampiamente riconosciuta per l’approccio rigoroso e per le implicazioni di vasta portata per il futuro del lavoro, dell’istruzione e della società nel suo complesso. La Dottoressa Rossi è anche una voce autorevole nel dibattito pubblico sull’AI, spesso invitata a conferenze e seminari per condividere le sue scoperte e a sensibilizzare l’opinione pubblica sui potenziali rischi e benefici di questa tecnologia in rapida evoluzione.

Un Campanello d’Allarme per il Futuro del Lavoro?

Questi risultati sollevano interrogativi cruciali sul futuro del lavoro. Mentre l’AI si prepara a sostituire sempre più mansioni ripetitive e compiti complessi, c’è il rischio concreto che i lavoratori perdano le capacità cognitive fondamentali per affrontare le sfide del mondo reale. “Se ci affidiamo troppo all’AI per risolvere i problemi, potremmo atrofizzare la nostra capacità di pensiero critico,” avverte il Professor Marco Bianchi, esperto di automazione e mercato del lavoro. “Dobbiamo trovare un equilibrio tra l’utilizzo dell’AI per aumentare la produttività e la necessità di mantenere attive le nostre menti.”

Lo studio del MIT non solo suggerisce che AI rallenta il cervello, ma esorta le aziende a ripensare la progettazione del lavoro, creando mansioni che integrino le capacità dell’AI con le competenze umane, come la creatività, la comunicazione e la capacità di risolvere problemi complessi. “Dobbiamo valorizzare quelle abilità che l’AI non può replicare,” sottolinea il Professor Bianchi.

AI rallenta il cervello. È anche colpa della scuola?

Le implicazioni dello studio si estendono anche al mondo dell’istruzione. Se l’uso dell’AI può “spegnere” il cervello, come possiamo garantire che i bambini e i ragazzi sviluppino le capacità cognitive necessarie per affrontare il futuro? “Dobbiamo ripensare i metodi di insegnamento,” afferma la Dottoressa Laura Martini, pedagogista. “Non possiamo limitarci a riempire le teste degli studenti di informazioni. Dobbiamo stimolare il pensiero critico, la creatività e la capacità di risolvere problemi. Dobbiamo insegnare loro a pensare, non solo a memorizzare.”

La Dottoressa Martini suggerisce di abbandonare l’eccessivo affidamento alla tecnologia in classe e di promuovere attività che stimolino l’ingegno, come il problem-solving di gruppo, i progetti creativi e il dibattito.

Un Futuro da Navigare con Prudenza

Lo studio del MIT non è un invito a demonizzare l’intelligenza artificiale. L’AI ha un grande per migliorare la nostra vita, curare malattie, risolvere problemi globali. Ma è fondamentale essere consapevoli dei suoi potenziali rischi e adottare un approccio prudente. “L’AI è uno strumento potente, ma come tutti gli strumenti, può essere usato bene o male,” conclude la Dottoressa Rossi. “Dobbiamo imparare a utilizzarla in modo intelligente, senza sacrificare la nostra capacità di pensare, creare e innovare.”

E allora sì: l’AI rallenta il cervello. Ma non tutto è perduto. Possiamo ancora scegliere se vogliamo essere semplici consumatori passivi di tecnologia o protagonisti attivi del nostro destino cognitivo.

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